LE NOSTRE STORIE

Seconda parte del racconto intitolato Marcella tratto dal libro “Il berrettino rosso” (Luglioprint, Trieste, 2017) che raccoglie le storie di Istriani ospiti del Centro Raccolta Profughi di Padriciano (conosciuto come “il campo”) unica struttura di questo tipo assurta a Museo di Carattere Nazionale.

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I due carabinieri uscirono dalla baracca lasciando però la porta aperta; Marcella si lasciò cadere sul letto e si coprì il viso con le mani. E nonostante sapesse fin troppo bene che suo marito non sopportava suo fratello, Marcella aspettò con ansia il suo ritorno a casa; e quando giunse il tramonto, andò ad aspettarlo all’ingresso principale del Campo, tanto per far passare più velocemente il tempo dell’attesa. In casa non ce la faceva proprio più a rimanere; da sola, senza nessuno con cui confidarsi. Figuriamoci se poteva raccontare la sua angoscia a qualche vicina, o raccontare a qualche conoscente quello che le era successo in mattinata; provava una tale vergogna che ….

Ma,” si chiese tra sé e sé “vargogna de cossa? Giusto no ga fato gnente, son sicura, e gnanca mi del resto. De cossa me dovessi vargognar? I carabinieri se ga sbaià.

Ma il suo momentaneo buonumore sparì non appena vide affacciarsi al finestrino della corriera il viso rabbuiato di suo marito: sentì un pugno allo stomaco e si ritrasse un poco in disparte lungo il muro di cinta del Campo, mentre i passeggeri scendevano dalla corriera.

Lui le passò accanto senza vederla, e si diresse dritto verso la loro baracca: giunto quasi sulla porta, si fermò sul primo gradino, restò un attimo fermo, pensieroso, e quindi fece dietrofront e riprese di nuovo la strada principale verso l’ingresso.

Così facendo si quasi scontrò con Marcella che stava sopraggiungendo:

Dove ti vadi a ‘sta ora?” chiese imbronciata al marito; ultimamente si fermava spesso nell’osteria che c’era giù in paese, a Padriciano.

Anca mi podèssi dimandarte a ti, sa; coss’ ti vadi in serca de tu fradel forsi?” le rispose Alfredo.

Mio fradel? Cossa ghe entra mio fradel ‘desso?” gli rispose Marcella con voce tremante, presagendo una sfuriata da parte del marito; ma come mai Alfredo lo nominava?

Ah, no te ga dito i carabinieri che el że in prison? Che ‘l ga robado l’oro in tela casa chel lavorava?”; la voce di Alfredo le arrivava dall’alto perché suo marito le parlava tra i denti, con voce roca, un poco inclinato in avanti verso di lei, nel fervore della collera.

No że vero sa, Giusto no ghe faria del mal a una mosca.” lo difese.

Eh, sicuro, to fradel że un santo; el faria meio de trovarse un lavor onesto pitosto.” sibilò tra i denti Alfredo.

Nol ga un lavor sicuro, ma nol że un ladro par quel.” rispose infine Marcella con la voce rauca del pianto. E si avviò lesta verso casa, salì i tre gradini ed aprì la porta della baracca; si girò per chiuderla in faccia al marito in segno di protesta e per fargli capire che era offesa, ma lui era già entrato ed aveva appeso il basco al chiodo infisso dietro alla porta d’ingresso. Si voltò e la fissò dritta negli occhi.

Marcella, mi te voio ben, sa, tanto ben, ma proprio tuo fradel że una vargogna par duti i Istriani. Qua in campo no se ga mai sintudo gnente de compagno. Me dispiasi dirtelo sa, e farte del mal, ma el że proprio un lavativo, un spussafadighe e ..disonesto anca. ” Marcella a quella dichiarazione d’amore non sapeva cosa rispondere, ma voleva difendere il fratello: ”Si, posso anca darte ragion Alfredo, ma te giuro che Giusto no rubassi mai gnente, lo conosso tropo ben mi, sa .

Te sa che bel, co że vignudi i carabinieri sul lavor, a ciamarme e dimandarme de lu, e se lo gavemo visto, e qua e là? Ah? El że in prison, ti sa

A sentire il marito dire quelle parole, Marcella gli prese entrambe le mani tra le sue: ”Alfredo te prego no parlar cussì, te giuro che Giusto że inocente.

E mentre Alfredo stava seduto con i gomiti appoggiati sul tavolo tenendosi la testa fra le mani, e Marcella piangeva, seduta sul letto, la porta si aprì. Apparve un giovanotto che trascinava i piedi, la giacca in mano, la barba un poco lunga, gli occhi rossi di pianto: Giusto.

Son qua, i me ga rilassià un’ora fa. I ga trovado l’oro al Monte de Pietà, e anca quei che i lo ga robado; i me ga compagnado fin qua. Posso restar qua?.. con voi? No savevo dove altro andar e i carabinieri me ga dito che mia sorela…” si interruppe vedendo lo sguardo duro del cognato che sentendolo entrare aveva alzato la testa dal tavolo.

Alfredo lo guardò incredulo; era sicurissimo che Giusto fosse colpevole, ed in cuor suo ne era contento, perché sperava di essersi liberato di lui. In quella baracca ci vivevano già in tre, ed era difficile; e senza il cognato tra le scatole sperava di potersi riavvicinare alla moglie; era stato lui a voler venire in Italia, e lei si era portata dietro anche il fratello. Non che fosse antipatico o cattivo, ma Alfredo non lo poteva soffrire per quell’affetto protettivo che Marcella dimostrava nei suoi confronti.

E Alfredo sapeva che Marcella lo aiutava anche economicamente; era certo che ogni tanto gli passava un poco di denaro. Perciò quando i carabinieri vennero a chiedergli informazioni sul cognato, Alfredo sperò di essersene liberato per sempre. Invece no, maledizione; eccolo là.

Giusto, Giusto mio, ma do ti ieri? No ti sa coss’ che i me ga dito i carabinieri mal de ti.” disse Marcella buttandogli le braccia al collo e baciandolo sulla fronte, sugli occhi, e di nuovo sulla fronte. Alfredo era ammutolito; quella dimostrazione di amore non gli andava proprio giù. In casa sua mai nessuno aveva osato quelle smancerie in pubblico, e forse neanche in privato; gli rispose con durezza e senza guardarlo negli occhi:

Si ma solo par stanote; no te volemo qua, ti ne ga fato tropa vargogna.

Ma mi no go fato gnente, cossa te disi, mi iero là par lavorar, e go lavorado anca.” si difese Giusto.

Ma Alfredo, cossa ghe entra lu, i carabinieri ga interogado duti quei che lavorava là, że vero o no, Giusto?” urlò Marcella chiedendo con gli occhi al fratello di confermare le sue parole.

Si va ben, ma lu qua nol ghe ga de star; domani matina, rauuss, fora de qua, che ‘l vadi ando’ che ‘l vol.” fu la decisione di Alfredo.

Marcella guardò con rimprovero il marito e prendendo il fratello per mano lo indirizzò verso il letto a castello dove dormiva già un anziano, di sotto, e sottovoce gli mormorò:

Va dormir desso, te vedarà che domani ghe że passado tuto .

L’anziano sentendo del trambusto, si voltò e fece: “ Schhhh!”, mettendosi il dito indice davanti alla bocca sdentata, e tutti ammutolirono obbedienti. In silenzio si coricarono tutti e tre nei loro letti e tentarono di dormire; si sentirono alcuni singhiozzi e qualche parola non proprio garbata. Poi soltanto il silenzio della notte.

(continua…)

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