Un’ altra leggenda in effetti racconta che Attila9 diretto ad Aquileia, saccheggiò Pola, Parenzo e Cittanova e durante l’assedio di Aquileia fece alcune incursioni anche in Istria; alcuni studiosi affermano si tratti soltanto di tradizioni popolari che vogliono Attila quale predone e distruttore.
Bisogna considerare che nello stesso secolo arrivarono in Istria anche gli Slavi a razziare ed uccidere e quindi in alcune tradizioni istriane Attila è divenuto re degli Slavi ed alla testa di questi saccheggiò e devastò la regione; anche Niccolò da Casola considera Attila quale re degli Unni e dei Dalmati10.
Ambiguo il suo passaggio attraverso l’Istria come ambigua è la sua fama: gli Unni erano già conosciuti in Cina con il nome di Hsiung-nu e si diressero verso ovest dal confine cinese dove avevano già combattuto contro quel popolo dal quale ricevevano anche dei tributi11. I Romani li chiamavano Hunni o Chunni o Unni mentre per i Greci bizantini erano gli Ounoi o Chounoi. Attila nacque quindi nel Caucaso nel 406 figlio del re Mundzuk ed ebbe almeno un fratello di nome Bleda; imparò ben presto a cavalcare i velocissimi cavalli delle steppe ed a tirare con l’arco.
Un medico veterinario romano di nome Vegetius Renatus, descrive i cavalli degli Unni come animali vigorosi, veloci ed instancabili12; e gli Unni vivevano in tale simbiosi con i loro cavalli ed era talmente abili nel cavalcare che si vociferava fossero malfermi sulle gambe quando scendevano da cavallo; sulle loro cavalcature combattevano molto agilmente e pare abbiano inventato le staffe sulle quali, stando in piedi, potevano scoccare le loro frecce in ogni direzione13. Prisco di Panion, storico che viaggiò con Massimino e fu mandato da Teodosio II nel 448 all’accampamento di Attila, visitò il villaggio che i nomadi Unni avevano costruito e la sua descrizione di Attila fu la seguente: ” ..basso di statura, con un largo torace e una testa grande; i suoi occhi erano piccoli, la sua barba sottile e brizzolata; e aveva un naso piatto e una carnagione scura, che metteva in evidenza la sua origine”. Tale aspetto fisico corrisponde al tipo asiatico orientale o mongolo o forse un misto di popolazioni turche centro-asiatiche; ecco perché nelle figure apotropaiche Attila ci appare con tratti somatici diversi da quelli latini e sin dai tempi più lontani la gente chiamò tale figura “uomo-cane”14 associando i suoi lineamenti asiatici ai tratti dell’animale; ed a causa della testa di cane si credeva che Attila impartisse i suoi ordini con dei latrati. Più verosimilmente tale diceria nasce dalla supposizione che il suo titolo asiatico di “kan” derivi dal latino “canis”, cane. E nonostante questa descrizione fatta de visu da Prisco, ai giorni nostri (1954) il regista Pietro Francisci in un famoso film intitolato appunto “Attila”, non ha esitato a dare la parte del protagonista, cioè Attila, all’attore Anthony Quinn la cui corpulenta fisionomia non ricorda propriamente il re degli Unni.
Attila regnò da solo e per appena otto anni, ma in questo breve periodo l’impatto che ebbe sui suoi contemporanei fu straordinario nonostante la sua continua richiesta di oro ai due imperi romani e la costante minaccia di distruggere Roma e Costantinopoli. Al contrario di Visigoti e Vandali, Attila era molto più temuto ed anche molto più rispettato di qualsiasi altro condottiero del suo tempo e dei decenni precedenti. Questo fatto forse può esser parzialmente spiegato dalle sue origini razziali e dalla sua religione; Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Franchi ed altri si convertirono quasi tutti al cristianesimo ed inoltre veniva concesso loro di diventare cittadini romani: certamente non erano amati ma venivano accettati da tutti i Romani colti. Invece Attila non si convertì mai e gli Unni continuarono ad essere considerati come gente barbara, violenta, fisicamente e moralmente ripugnante. Appare ancor più sconcertante perciò il fatto che uomini di così tante razze e così primitivi si mettessero agli ordini di Attila e lo servissero così fedelmente. E non dimentichiamo il rispetto che i re e gli altri signori di tutti i popoli mostravano per Attila; egli conquistò, dal 434 fino alla sua morte, un vastissimo impero che si estendeva dall’Europa centrale al Mar Caspio e dal Danubio al Baltico. Unificò per la prima ed unica volta nella storia la maggior parte dei popoli barbarici dell’Eurasia settentrionale (dai Germani agli Slavi ed agli UgroFinnici); fu il più irriducibile nemico dell’Impero Romano d’Oriente ed Occidente ed invase per ben due volte i Balcani. Pare che abbia trovato la morte in Pannonia il 16 marzo 453, la notte del suo matrimonio, ma anche le cause della sua morte ed il luogo della sua sepoltura sono avvolti da un alone di mistero. Si racconta che, dopo le libagioni per il suo matrimonio con Ildico (forse di origini burgunde) ed i numerosi brindisi, sia andato a letto a notte inoltrata e che i servi non lo abbiano svegliato fino alla tarda mattinata del giorno successivo. Jordanes riferisce che dopo aver sfondato la porta Attila fu trovato morto per una emorragia ma senza ferite; secondo la ricostruzione la causa sarebbe stata lo scoppio di un’arteria così che Attila, che giaceva prono, sarebbe stato soffocato dal suo sangue. “Nel segreto della notte – ha scritto Jordanes – seppellirono il suo corpo in terra, sigillando le sue bare, la prima con l’oro, la seconda con l’argento e la terza con la forza del ferro. Aggiunsero anche le armi dei nemici……. che Attila fosse morto proprio per cause naturali cominciò ben presto ad essere messo in discussione; già nel VI secolo lo storico bizantino conte Marcellino scriveva che Attila era stato assassinato dalla donna che aveva appena sposato; tuttavia a sostegno di questa teoria non c’erano prove”15.
NOTE:
9- Miscellanea di studi in onore di Attilio Hortis, Trieste Stab.Artist. G.Caprin, 1910- Giuseppe Vidossich, Leggende d’Attila in Istria pag.1023
10 – Niccolò da Casola, che nella seconda metà del trecento scrisse in franco-italiano La Guerra d’Attila, ibidem, pagg.1024-1026
11 – Bonnie Harvey, Attila the Hun,Chelsea House Publishers, U.S.A., 2003, pagg.22 e segg.
12 – ibidem, pag.25
13 – Patrick Howarth, op. cit., pagg.16-20
14 – Anton von Mailly, op. cit., pag.239
15 – Patrick Howarth, op. cit., pagg.168-199
(fine della seconda parte)