Attila flagellò anche l’Istria? – parte prima –

È molto difficile dare una spiegazione razionale all’atteggiamento prevenuto ed ostile che per 1500 anni ha perseguitato la figura di Attila: da sempre il re degli Unni è stato sinonimo di violenza, razzie ed uccisioni.

Se il popolo degli Unni in realtà sopravvisse alla disgregazione del regno di Attila dopo la sua morte, il loro nome però scomparve dai libri di storia: ritornò soltanto in occasione di guerre quando si volle fare una facile identificazione degli Unni con il popolo tedesco, come successe nel corso dei conflitti del secolo scorso1. Ed in ogni caso l’epiteto con il quale li si descriveva era principalmente quello di un popolo aggressivo e crudele.

È per questo motivo che si trovano spesso raffigurazioni di Attila in atteggiamento minaccioso ed un esempio lo troviamo a due chilometri da Visinada. Qui si trova la chiesa della Madonna del Campo (o dei Campi), una costruzione del XV secolo con annesso cimitero; proprio sopra il portale d’ingresso della chiesetta, campeggia minacciosa la testa di Attila scolpita in pietra, con orecchie canine e lingua penzoloni.

testa di Attila

 

L’uso di queste sculture apotropaiche aveva lo scopo di allontanare il male e la loro fisionomia ostile aveva proprio l’intento d’incutere timore: collocate all’interno delle abitazioni esse proteggevano la famiglia mentre poste all’ingresso di costruzioni pubbliche, proteggevano la comunità intera. E per ritornare a Visinada, si racconta che proprio nel luogo dove sorge la chiesa della Madonna del Campo Attila abbia raggiunto sua madre dopo un lunghissimo inseguimento e che qui l’abbia uccisa; secondo altri invece, qui avrebbe posto il suo accampamento proprio dove ora sorge il cimitero2!!!

Diverse e contrastanti sono le ipotesi sul passaggio cruento degli Unni in terra istriana: qualcuno afferma che Attila e le sue orde depredarono e saccheggiarono i paesi dell’Istria che incontrarono lungo il loro tragitto alla volta dei Balcani, mentre altri storici negano ogni loro passaggio. Una prova a favore del loro transito potrebbe trovarsi nel villaggio di Karojba – Caroiba del Subente; il nome deriva probabilmente dal latino quadrivium (oggi ci sono soltanto tre strade). Ma il ruscello Krvar che confluisce poi nel Quieto porta con sé la leggenda di un conflitto, che sarebbe avvenuto nei dintorni, tra gli Istriani ed Attila; la lotta fu talmente cruenta che riempì il ruscello di sangue e gli venne perciò dato quel nome (krv=sangue) a perpetuo ricordo del massacro avvenuto. E non possiamo dimenticare che vicino a Duino (in provincia di Trieste) dove ora c’è il Villaggio del Pescatore – nell’antica val Catino – sono ancora visibili i resti di mura romane conosciute tra il popolo con il nome di “castello di Attila”.3 Non dimentichiamoci poi del “pozzo d’oro” in cui gli abitanti di Aquileia accerchiati dagli Unni di Attila avrebbero nascosti oro e gioielli, dando vita alla leggenda del tesoro che gli assediati seppellirono prima di scappare a Grado4. E la credenza rimase tanto radicata che fino a cento anni fa, i contratti di compravendita dei terreni includevano la clausola: “Ti vendo il campo, ma non il pozzo d’oro”, riservando il tesoro, in caso di ritrovamento, al vecchio proprietario.

Sappiamo che Attila con le sue orde si diresse verso la zona dove oggi sorge Trieste, ma venne fermato ad Aquileia, (cittadina che si trova ad ovest di Trieste) che venne fondata dai Romani proprio con lo scopo di frenare l’irruzione in Italia dei barbari che arrivavano dalle Alpi Giulie; da qui si poteva controllare gran parte dell’Italia settentrionale (una delle grandi strade romane, la via Postumia, terminava qui, ma altre minori iniziavano qui arrivando fino alla provincia del Norico e la Pannonia)5.

Ritornando al controverso problema sul transito di Attila con il suo esercito sulle terre dell’Istria, citeremo come fonte Carlo De Franceschi,6 che riporta: “… la descrizione che fa Cassiodoro nel 538, quindi appena poco più di 80 anni dopo l’invasione di Attila in Italia, e 50 dopo l’entrata di Odoacre, sembra dimostrare evidentemente che l’Istria non fu come altre province soggetta a quelle incursioni segnalate ovunque da eccidi…”. Anche Kandler7 scrive che: “….l’Istria fu al riparo delle spedizioni militari, le quali si operarono tutte sulla grande via da Lubiana ad Aquileia; Attila si inferocì più che altri, scese in Italia per via ancor più distante dall’Istria”.

In un libro di fiabe e leggende istriane8 si parla di Attila quale capo di orde che distrussero anche alcune cittadine dell’Istria; in queste pagine il guerriero viene marchiato come persona particolarmente malvagia. Quindi possiamo dedurre che Attila venne considerato quale simbolo del male in assoluto ed incolpato di ogni sorta di saccheggio ed incursione che l’Istria subì anche per mano di altri barbari; infatti il suo era un coacervo di popoli composto da Gepidi, Ostrogoti, Sciri, Svevi e Alemanni, quindi un eterogeneo esercito germanico.

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NOTE:

1 – Patrick Howarth, Attila re degli Unni, Ed. Piemme,1997, pagg.218 e segg.

2 – Ernesto Zar, Figure apotropaiche in Istria e loro rapporti con le leggende di Attila da “Atti del Centro di Ricerche Storiche –Rovigno” Volume XXIV–1994, pagg.509-531

3 – Franca Maselli Scotti, AA.VV. a cura di Silvia Blason Scarel gruppo archeologico aquileiese, Attila flagellum dei?, Convegno internaz di studi storici sulla figura di Attila, L’Erma di Bretschneider, Roma, 1994, pag.185; o anche palazzo di Attila secondo von Mailly, op.cit.

4 – Anton von Mailly, Leggende del Friuli e delle Alpi Giulie, Tipografia Sartor(PN), sesta ed. nov.2004, pag.170

5 – Patrick Howarth, op. cit., pag.146

6 – Carlo De Franceschi, L’Istria note storiche, Parenzo 1879, pag.72.

7 – L’Istria, anno I, n.12, 7 marzo 1846, pag.46 e vedi anche G.R.Carli, Delle Antichità Italiche, Milano, 1789, libro I, pag.103

8 – Mario Schiavato, Fiabe e leggende istriane,Trieste, Univ. Pop., 2004, pagg.17-18

(fine della prima parte)

 

 

 

 

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