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Erede di Ossero
(Da: “Itinerari istriani – I vol.” di Pietro Parentin)
Da Faresina, ove arriva il traghetto dall’Istria, la strada in 4 chilometri e mezzo sale a Dragosetti che si trova a 279 metri sul mare e da cui si gode un ampio panorama a sud ovest sull’Albonese. Dopo altri 6 chilometri si raggiunge il bivio per Caisole. Stando in quota, si rimane sul versante occidentale fino a La Sella (Predoscica) indi si passa sul versante orientale con vista sull’isola di Veglia. Quando si fa ritorno sul versante occidentale la strada incomincia a scendere verso la cittadina di Cherso, che appare in tutta la sua bellezza, adagiata sul lato nord del porto che entra come un ampio canale aperto sul Vallone di Cherso. È curiosa la forma di questa insenatura, mi richiama l’idea di un calzino rivolto verso est e con il tallone a nord ove si trova il centro cittadino. È un porto ampio, ben riparato da tutti i venti ed in antico doveva anche essere ben difeso dai nemici che per raggiungere la città dovevano percorrere il canale di accesso.
Oggi anche qui il paesaggio è cambiato: il territorio, un tempo curato, come attestano i numerosissimi pastini che permettevano lo sfruttamento di ogni pezzetto di terra, rivela l’abbandono cui vanno oggi soggetti i terreni che richiedono un lavoro assiduo, intenso, mentre alla fine dell’insenatura si nota il porto turistico che caratterizza, qui come in tante altre parti della nostra terra, l’attività principale di oggi: il turismo nautico e balneare.
Merita fermarsi quassù per cogliere la città nel contesto del suo territorio e, avendo del tempo, per fare una digressione ad est fino ai resti della chiesa di San Bartolomeo che si trova su un colle a quota 314 metri. Da qui, sede di un importante castelliere liburnico, probabile sito della località più antica ancora attiva in epoca romana, si gode un bellissimo panorama sui due versanti dell’isola. Scendiamo verso la città in cui distinguiamo una parte antica, un tempo racchiusa da mura, e la città che le si è estesa attorno a corona.
Entrambe meritano la nostra attenta visita. La città antica, racchiusa entro le mura sino all’inizio dell’Ottocento, aveva una forma quadrata e comprendeva al suo interno il Mandracchio racchiuso da due moli tra i quali, una volta, venivano tese delle catene a chiusura del porto. Delle cinque torri di un tempo rimane quella dell’angolo di nord-ovest; le altre si trovavano agli altri angoli e quella di sud ovest era a difesa di uno dei due moli, ma anche l’altro molo aveva una torre alla sua base, per cui sul lato sud si presentavano tre torri. Partiamo proprio da qui, dal Mandracchio ove ci soffermiamo a considerare un po’ la storia della località.
La città antica sorgeva sul colle di San Bartolomeo ed era abitata sin dai tempi preistorici. Plinio e Tolomeo ci parlano di Crespa e Crexa, due nomi da cui è facile capire come si è formato quello odierno sia nella forma italiana che in quella croata oggi imperante.
Già in epoca romana esisteva un borgo a marina, segno dell’importanza dello scalo marittimo. Cherso fu “repubblica” negli ultimi tempi della dominazione romana, aveva cioè una sua autonomia amministrativa, ma il vero centro dell’isola era la grande città di Ossero. Cherso si sviluppò al tempo della Serenissima in concomitanza con il decadere di Ossero assediata dalla malaria. Qui un po’ alla volta si trasferì la nobiltà, qui pose la sua sede il conte capitano, qui portò la sua residenza il vescovo pur mantenendo la diocesi il nome e la sede di Ossero. Questo trasferimento di sede politica ed ecclesiastica spiega la ricchezza di chiese e di palazzi o dimore signorili, la dovizia di stemmi di famiglie nobili, cose che mi richiamano alla mente l’altra città nobiliare: Capodistria. Tutta la città, proprio per questa sua origine, è un tipico esempio di venezianità. Merita dunque passeggiare per vie e piazzette che ci riportano calli e campielli ed osservare gli stemmi sulle facciate e sui portali delle abitazioni che ci ricordano non solo i nobili ma anche pescatori, fabbri e contadini segno che alla nobiltà si affiancava chi, con il proprio lavoro, aveva raggiunto una certa posizione.
Colori, struttura delle case, particolari anche minori hanno un linguaggio evidente che merita cogliere. Anche all’interno della città murata dell’inizio Ottocento possiamo intravedere un’entità più antica a forma rettangolare nella parte sud orientale; a questa si accedeva dalla Porta che dava sulla piazza principale. Le case ai lati della porta, infatti, sono sorte lungo la linea delle antiche mura medievali.
Volte le spalle al Mandracchio, lasciamo sulla sinistra la parte nuova della Cherso murata di un tempo ed osserviamo ad est l’antica porta sottostante la Torre dell’Orologio. Qui, dove siamo, in antico c’era la chiesa di S. Giovanni, demolita nel 1828, ma Cherso è ancora particolarmente ricca di chiese, anche notevoli. Sulla destra ammiriamo la piccola Loggia dove un tempo si svolgeva la vita civile: qui venivano letti i proclami e le sentenze, qui si stipulavano i contratti, si commerciava e ci si divertiva ed avvicinandoci all’ingresso antico notiamo, nella parte sovrastante all’accesso, il vuoto che ricorda ove c’era, in epoca veneta, uno dei tanti leoni, emblema della Serenissima, di cui Cherso era ricca.
Passata la Porta ci troviamo in una piazzetta: davanti a noi il bel campanile ed un po’ dietro l’armoniosa facciata del Duomo di Santa Maria delle nevi. Il campanile è del XVIII secolo, la facciata della chiesa invece risale al XV secolo ed è molto elegante con la grande porta rinascimentale che le dà snellezza. L’imponenza e lo stile ci fanno comprendere l’importanza della chiesa che sostituiva la cattedrale di Ossero dopo che il vescovo aveva portato qui la sua residenza. L’interno, a tre navate, merita d’essere visitato con attenzione: da segnalare una Pietà del XV secolo ed il dipinto che raffigura la Cherso di un tempo. Sull’altare si conservano le reliquie di S. Isidoro, patrono della città, e di S. Gaudenzio, patrono della diocesi di Ossero, mentre dietro l’altare maggiore meritano la nostra attenzione la cattedra episcopale e gli scanni dei canonici.
Usciti dalla chiesa, percorriamo la strada lungo la facciata laterale destra poi svoltiamo a destra e raggiungiamo l’antica chiesa di S. Isidoro senza trascurare di guardare con attenzione case, portali, stemmi, cosa che è bene fare sempre nel girare per le calli ed i campielli alla ricerca di scorci particolari. Di tanto in tanto inoltriamoci pure in androne che danno su cortili dove si possono cogliere anche gli aspetti più reconditi della vita d’un tempo. S. Isidoro è una chiesa romanica del XII secolo che va visitata all’interno ed all’esterno.
In S. Isidoro, protettore della città (gonfalone della città era detto in antico) è il vero cuore di Cherso. In questa chiesa entravano i consiglieri per la preghiera comune prima delle sedute del Consiglio il che attesta sì la fede degli avi, ma anche il significato profondo che avevano per loro i santi patroni come del resto riscontriamo anche nell’esilio ove vediamo come le comunità si ritrovano proprio in occasione delle feste patronali simbolo di unione, di vita civica, cuore della storia cittadina, focolare ancor vivo almeno nella memoria. Dietro alla chiesa non tralasciamo di vedere un’antica colonna con capitello del VII-VIII secolo. Girando per la città scopriremo diverse chiese, palazzi anche notevoli, ma anche le piccole dimore conservano aspetti particolari, così si può riconoscere la casa del fabbro, del tagliapietra, del pescatore, ecc. perché ognuno ha le sue insegne, il suo marchio.
Tra i palazzi rinascimentali quelli delle famiglie patrizie dei Rodinis, dei Moise, dei Petris. Il più vecchio palazzo patrizio è quello dei Petris, detto Arsan, perché lì in antico sorgeva l’arsenale. Tante chiese, più d’ogni altra nostra cittadina, troviamo qui a Cherso e diverse di notevole fattura. Chiese di confraternite, ma anche di ordini religiosi tra cui ricordiamo quella di S. Pietro con il convento delle benedettine e quella di S. Francesco che testimonia la presenza francescana in città dal 1300. Convento questo che ha avuto notevole importanza rispetto agli altri edifici francescani della costa orientale, anche perché da esso sono usciti ben quattro generali dell’ordine, ultimo dei quali l’Arcivescovo di Gorizia Bommarco.
Prima di lasciare la cittadina, ma la visita merita una sosta reale di più ore, posso consigliare una puntata ad ovest, fuori dalla città, ove sorge il santuario mariano - caro ai chersini - della Madonna detta di San Salvador.
Spostamenti a piedi, a volte ritorni sui nostri passi per rivedere da angolature diverse particolari da godere, luoghi ancor ricchi di ricordi, luoghi che parlano un linguaggio che purtroppo si può cogliere quasi solo nelle pietre, visto che da Cherso se ne è andata la gran massa del suo popolo. I Chersini di oggi sono in buona parte i coloni che un tempo coltivavano le campagne, ora abbandonate, della nobiltà chersina, dedita ad altro; altro che possiamo scoprire anche guardando l’ambiente che hanno profondamente segnato con la loro presenza.
“Peregrinus”
Tratto da “Itinerari istriani” di Pietro Parentin
Nei viaggi del “Peregrinus” - pubblicati a puntate su “La Nuova Voce Giuliana”
e raccolti nei due volumi di “Itinerari istriani” - sono inoltre descritte le località e i dintorni di:
Abbazia, Albona, Antignana, Barbana, Becca, Bersezio, Bogliuno, Borrato, Brest, Briani, Brioni, Buie, Caisole, Canfanaro, Capodistria, Caroiba, Carsette, Casali Sumbaresi, Castagna, Castel Racizze, Castellier di Visinada, Castelnuovo, Castelvenere, Castelverde, Ceppi di Portole, Cerreto, Chersicla, Cherso, Cicceria, Cittanova, Collalto-Briz-Vergnacco, Colmo, comunità Ex alunni Padre Damiani, Corridicio, Costabona, Covedo, Daila, Dignano, Draguccio, Duecastelli, Fasana, Felicia, Fianona, Fiorini, Fontane, Foscolino, Gallesano, Gallignana, Gimino, Gradina, Grimalda, Grisignana, Isola d'Istria, Lanischie, Laurana, Levade, Lindaro, Lussingrande, Lussinpiccolo, Madonna del Carso, Marcenigla, Matterada, Medolino, Mlum, Mondellebotte, Momiano, Mompaderno, Moncalvo, Montona, Mormorano, Moschiena, Muggia, Neresine, Nesazio, Novacco di Montona, Novacco di Pisino, Occisla, Orsera, Ossero, Parenzo, Passo, Paugnano, Pedena, Petrovia, Piemonte, Pietrapelosa, Pinguente-Rozzo-Sovignacco, Pirano, Pisino, Pola, Portole, Portorose, Pregara, Promontore, Raccotole, Radini, Rovigno, Rozzo, Salise, Salvore, San Lorenzo d'Albona, San Lorenzo del Pasenatico, San Lorenzo di Daila, San Pietro dè Nembi, San Pietro di Madrasso, San Pietro in Selve, San Servolo, Sansego, Santa Domenica di Visinada, Sanvincenti, Sarezzo, Sbandati, Schitazza, Sicciole, Sissano, Socerga, Sovignacco, Stridone, Strugnano, Toppolo, Torre di Parenzo, Tribano, Truscolo, Umago, Valdarsa, Valle del Risano, Valle dell'Ospo, Valle d'Istria, Valmorasa, Verteneglio, Vetta, Villa Gardossi, Villa Padova, Villa Treviso, Villanova del Quieto, Villanova di Parenzo, Visignano, Visinada "Norma Cossetto", Zumasco.